Pubblicato il: 8 Agosto 2018
Quanto potrà incidere in futuro l’economia digitale rispetto all’economia tradizionale?
Non si tratta di stabilire se la digital economy sia migliore dei paradigmi precedenti e se debba soppiantarli. È evidente che a questa domanda abbia risposto la storia: negli ultimi quindici anni il digitale ha amplificato ed espanso le possibilità dell’economia tradizionale. Amazon fattura oltre 177 miliardi di dollari con una crescita del 30% annuale, Apple ha superato il triliardo di capitalizzazione, Netflix supera gli 11 miliardi di dollari di fatturato.
Il tema vero è quello dell’integrazione del digitale nel fisico e delle opportunità che possono nascere da questa commistione. Con la diffusione dell’intelligenza artificiale, delle tecnologie blockchain, e degli oggetti collegati a internet applicati alle grandi quantità di dati oggi a disposizione (abbiamo creato l’80% dei dati dall’inizio dell’umanità ad oggi negli ultimi due anni) si creeranno nuove frontiere di sviluppo. Questa fusione di tecnologie sarà cruciale nell’immediato futuro e queste opportunità si moltiplicheranno in modo esponenziale. Si prevede che la sola applicazione dell’intelligenza artificiale permetterà un miglioramento della produttività in Italia del 12% entro il 2025 ed un impatto sulla crescita del Pil di un punto percentuale.
Nessun allarme sul piano dell’occupazione?
Le opportunità di impiego nel settore agro-alimentare si sono moltiplicate e sono nate nuove professionalità ad alta specializzazione. Oggi siamo di fronte a una situazione simile che investirà tutti i settori produttivi e dei servizi. Riuscire a immaginare quali saranno le esigenze occupazionali dei prossimi 20 anni e di conseguenza cominciare oggi a pensare a percorsi di formazione scolastica e di aggiornamento continuo per adulti è fondamentale. Nel contempo, è fondamentale immaginare nuovi modelli di welfare e prevedere misure di sostegno al reddito per accompagnare le prime fasi di questo processo di cambiamento.
D. Bisogna indurre le aziende delocalizzate a rientrare, almeno in parte, in Italia?
R. Per creare occupazione nel breve è sicuramente necessario favorire i processi di reshoring, riportando in Italia la produzione che negli ultimi decenni le nostre aziende hanno esportato in Cina e India. Adidas, per esempio, ha riportato la produzione di mezzo milione di scarpe l’anno prima prodotte in Cina in una nuova fabbrica in Germania.
D. Che impatto può avere la blockchain in questo scenario? Per non parlare dell’intelligenza artificiale…
R. Con la blockchain il paradigma tipico dell’internet economy prima e della sharing economy dopo, e cioè un modello basato su una gestione centralizzata dei dati, verrà sostituito da un modello totalmente decentralizzato che potrà trovare applicazione in svariati campi della nostra vita economica e sociale, aprendo le porte a un web più democratico, partecipato e trasparente. Basti pensare a cosa sta succedendo nell’industria discografica, per esempio, in cui, grazie alla blockchain, il sistema dei diritti può essere più equo e remunerativo per l’artista che entra in contatto diretto con i propri fan con i quali può anche condividere le future royalties del proprio lavoro vendendo oggi i token necessari a riscattarli.
D. Qui non si tratta dunque solo di progresso tecnologico, ma di rivoluzione culturale?
R. Certo ma si tratta anche di cambiamento sociale che potenzialmente potrebbe investire tutti gli ambiti del vivere civile. Proprio per questo, il 13 novembre a Milano, Casaleggio Associati presenterà uno studio per descrivere l’impatto della tecnologia Blockchain sul Business.
D. Lei parlava anche dell’intelligenza artificiale…
R…. che avrà un impatto enorme sull’economia se si pensa che il valore di mercato a fine 2017 è stata pari a 18,3 miliardi di dollari a livello mondiale, e l’impatto sul mercato è stimato per una cifra tra i 14 e i 33 triliardi di dollari arrivando a raddoppiare il tasso di crescita delle economie avanzate. Già oggi le tecnologie di cognitive computing offrono strumenti in grado di accrescere le capacità umane, senza necessariamente replicarle o sostituirle. L’uso evoluto dell’Intelligenza Artificiale produrrà una profonda trasformazione sul piano industriale e dei servizi, questo è certo. E l’unione con la blockchain potrà aprire prospettive fino a ora mai immaginate.
D. Quanta strada deve ancora fare l’Italia per essere al passo con i paesi digitalmente più avanzati?
R. Il nostro Paese è ancora legato a modelli «tradizionali» a tutti i livelli. Il nostro sistema produttivo è fondato sulle piccole e medie imprese che faticano ad accedere alle nuove opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica per una questione di costi ma anche di cultura. È necessario immaginare fin da ora un serio piano di investimenti per l’innovazione, razionalizzando le risorse che pure esistono ma sono parcellizzate in mille bandi locali, regionali, di settore senza un vero progetto complessivo che invece è più che necessario, è fondamentale e non più prorogabile.
D. L’Italia, quindi, nonostante il ritardo accumulato può farcela?
R. L’Italia ha risorse straordinarie, pensiamo alle sue eccellenze legate alla creatività, allo stile, all’arte e alla moda che potrebbero ricevere un fortissimo impulso allo sviluppo se adeguatamente supportate. Non mi riferisco solo ai grandi brand, ma a tutti i consorzi, a tutte le associazioni di piccoli artigiani che unendosi riescono a esportare in tutto il mondo prodotti di altissima qualità, aggirando le mille difficoltà burocratiche legate a una concezione tradizionale di fare impresa. È da queste realtà che il nostro paese dovrebbe partire per sviluppare un modello virtuoso fondato sull’implementazione delle nuove soluzioni tecnologiche a tutti i livelli con l’obiettivo di abbassare il costo del lavoro, contenere il più possibile gli ostacoli amministrativi e burocratici e consentire alle imprese di concentrarsi sullo sviluppo di nuovi progetti e nuove opportunità di business.
D. Da dove si dovrebbe partire?
R. Dai settori dove l’innovazione digitale può avere un ruolo strategico, come l’alimentare e la moda.
D. Non crede che l’Europa per essere competitiva nel mondo vada completamente rinnovata?
R. L’Europa deve senza dubbio avere un ruolo fondamentale in questo processo di cambiamento, favorendo gli investimenti in innovazione e tecnologia attraverso una strategia complessiva di sostegno alle imprese e agli stati membri che vogliono andare in questa direzione. L’Europa ha l’occasione di intercettare la centralità a livello mondiale per l’innovazione che oggi sta virando dagli Stati Uniti verso i Paesi asiatici. Accanto a questo, è indispensabile che anche a livello europeo vengano previste forme di incentivi per le politiche di sostegno al reddito e a questo proposito il provvedimento approvato lo scorso novembre dal Parlamento Europeo per spronare la Commissione a legiferare in merito va nella direzione giusta.
D. Quale deve e può essere il ruolo della politica in tutto questo?
R. In questo scenario, la politica deve assumersi la responsabilità di guidare il Paese attraverso questo cambiamento mettendo in campo tutti gli strumenti di cui dispone: prevedere un sistema di investimenti a sostegno dell’innovazione, incentivare le attività di ricerca e sviluppo portandole a livello svedese che investe tre volte tanto rispetto all’Italia e prevedere misure di supporto all’elaborazione di nuove soluzioni e servizi ad alto valore tecnologico, prevedere sostanziali sgravi fiscali per le imprese che investono in innovazione e immaginare misure di sostegno al reddito per accompagnare le persone in questo momento di trasformazione dal punto di vista sociale.
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Articolo originale 8 Agosto 2018:
Casaleggio, nemico del tran tran: https://www.italiaoggi.it/news/casaleggio-nemico-del-tran-tran-2290058#
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